Nuove soluzioni tecnologiche per l’informatica

Lo studio, condotto da un team internazionale, è stato coordinato da Paolo Pintus, ricercatore del dipartimento di Fisica

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Photo credits: Brian Long, University of California, Santa Barbara

Una nuova piattaforma per il calcolo fotonico basata su celle di memoria magneto-ottiche capaci di utilizzare la luce. Un approccio innovativo che, nella pratica, promette vantaggi in termini di velocità ed efficenza energetica rispetto agli hardware esistenti per una varietà di applicazioni emergenti nell’intelligenza artificiale e nell’apprendimento automatico.

Questa la sostanza di una ricerca che vede protagonista l’Università degli Studi di Cagliari attraverso Paolo Pintus, ricercatore del dipartimento di Fisica. Lo studio, realizzato insieme a ricercatori dell’University of Pittsburgh, dell’University of California Santa Barbara, del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology (Giappone) e del Tokyo Institute of Technology, è stato pubblicato sulla rivista Nature Photonics, la più prestigiosa del settore.

Paolo Pintus, che ha coordinato il team di ricerca in collaborazione con Nathan Youngblood della University of Pittsburgh, ha spiegato in un’intervista all’Ansa l’importanza e il valore del lavoro svolto:

Sebbene siamo abituati ad assistere a miglioramenti costanti sulle prestazioni di computer e smartphone, l’elettronica sta lentamente ma inesorabilmente raggiungendo i suoi limiti fisici. Nonostante i nuovi processori contengano un numero sempre maggiore di transistor, la capacità di calcolo si sta gradualmente saturando proprio ora che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico richiede risorse di calcolo sempre maggiori. Diventa quindi essenziale trovare nuove soluzioni tecnologiche capaci di soddisfare le crescenti esigenze dell’informatica. L’elaborazione delle informazioni tramite l’uso della luce offre vantaggi significativi sia in termini di velocità che di efficienza energetica rispetto all’elettronica digitale tradizionale. Uno degli approcci più promettenti per sfruttare questo potenziale è il cosiddetto in-memory computing, che richiede l’uso di memorie fotoniche. Facendo passare segnali luminosi attraverso queste memorie è possibile eseguire operazioni quasi istantaneamente

Paolo Pintus

 Nel link sottostante, l’articolo pubblicato su Nature Photonics.