Circa duemila tra musicassette e bobine contenenti un ricco e variegato patrimonio etnomusicale della Sardegna: rassegne di canto a tenore, poesie estemporanee, gare di canto a chitarra, canti religiosi. Documenti sonori che sono stati digitalizzati e che ora sono conservati dal Labimus, il Laboratorio Interdisciplinare sulla Musica dell’Università di Cagliari istituito con Decreto Rettorale nel settembre 2015.
Un archivio costruito con pazienza nel corso degli anni, diventato tra i più importanti della Sardegna insieme all’archivio sonoro e audiovisivo dell’ISRE (Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna). Il progetto si è sviluppato da un’idea di Ignazio Macchiarella, che del Labimus è il responsabile scientifico.
Nel 2004 sono arrivato all’Università di Cagliari come ricercatore – racconta Macchiarella – primo a fare etnomusicologia in un ateneo sardo. Ricerca e docenza erano dunque da avviare ex-novo. Per fortuna, ben presto è venuto fuori un gruppetto di studenti realmente interessati alla disciplina. Una delle cose che mi avevano colpito nelle mie prime esperienze di ricerca in Sardegna, risalenti agli anni Ottanta, era vedere decine e decine di registratori posti sul bordo dei palcoscenici dove si svolgevano gare di canto a chitarra, poesie estemporanee, rassegne di canto a tenore. Regolarmente, ogni 45 minuti, i proprietari dei registratori si alzavano tutti insieme per girare la cassetta. Che fine aveva fatto quel materiale? Da qui l’idea: grazie a un finanziamento Prin il Labimus acquista l’attrezzatura per la duplicazione delle cassette con la qualità degli standard internazionali. Quindi, attraverso un circuito di amicizie, invitiamo chi fosse in possesso di materiale di questo tipo a portarcelo. Un successo imprevisto, nel giro di poco tempo siamo arrivati ad avere tanto materiale e tanto continua ad arrivarne. Digitalizziamo e restituiamo ai proprietari l’originale. L’archivio è ancora un cantiere digitale aperto, anche in considerazione di questo fatto abbiamo la possibilità di inserire nella nostra catalogazione informatizzata elementi di analisi musicale che allargano le informazioni musicologiche che tali materiali ci stanno fornendo.

Tra il materiale digitalizzato e conservato al Labimus: centinaia di poesie improvvisate campidanesi registrate negli anni ’70 e ’80, fornite dal poeta estemporaneo di Sinnai Paolo Zedda; registrazioni di canto a chitarra risalenti ai primi anni ’50, di fatto la più antica attestazione di questo tipo di gara tradizionale, messe a disposizione da un cultore di Bortigali; numerosi canti religiosi, alcuni registrati in Amazzonia, forniti da don Giuseppe Cogotzi, un sacerdote missionario di Ghilarza; le registrazioni degli “Incontri di Musica Popolare”, la manifestazione che dal 1986 si svolge a Ghilarza, organizzata dall’associazione Onnigaza.
Documenti sonori che hanno tra l’altro attirato l’attenzione anche dell’International Council for Traditional Musical (ICTM), la più grande società scientifica dell’etnomusicologia.
Il Labimus fa parte del dipartimento di Lettere, lingue e beni culturali, l’archivio ha sede a Sa Duchessa (terzo piano, studio 78). Compongono il gruppo di lavoro, oltre al responsabile scientifico Ignazio Macchiarella, il docente Marco Lutzu (associato in etnomusicologia) e le dottorante Irene Coni e Giulia Pisu. Tra i progetti in corso, da segnalare la creazione di una rete di archivi sonori avviata di concerto con le università di Torino, Firenze e Roma La Sapienza.
Il Labimus è sempre disponibile a ricevere nuovi materiali sonori da digitalizzare e custodire. Per metterli a disposizione basta inviare una mail a macchiarella@unica.it
